La cagna

Abbiamo visto La cagna, un film del 1972 di Marco Ferreri tratto dalla novella Melampus di Ennio Flaiano. Inaspettatamente, il film sembra esservi piaciuto. A prima vista, sembra semplicemente un film che parla della sottomissione di una donna (e perché, poi?), ma basta fare un po’ più di attenzione per individuare elementi che complicano l’interpretazione.
Come ogni film di valore, questo di Ferreri può essere letto in molti modi. Vi propongo di avanzare la vostra interpretazione, anche confrontandovi con alcune letture del film presenti in rete, come questa.

Teorema

Se tutto va bene*, domani vedremo Teorema di Pier Paolo Pasolini. Se tutto va benissimo, tra una settimana o due potrete scrivere qui le vostre osservazioni sul film.
Di Pasolini non sapete nulla; conoscete però Socrate. Ecco, Pasolini è stato una specie di Socrate contemporaneo, capitato nella confusa, inquieta, mobile, spregiudicata Italia della seconda metà del Novecento: che è poi l’Italia di cui siamo figli. E’ stato un grande scrittore, Pasolini, e un grande regista, e un grande poeta: ma è stato soprattutto la più grande coscienza critica del suo tempo, colui che ha visto e denunciato con chiarezza e coraggio le vergogne del potere. Come Socrate, ha pagato con la vita questo suo coraggio. Non riuscendo a metterlo a tacere con ben trentatré processi, il potere – imparete, spero, a concretizzare questa parola astratta – ha abbandonato il suo cadavere all’Idroscalo di Ostia. Era la notte tra l’uno ed il due novembre del 1975. Trent’anni fa.
Teorema uscì nel 1968, una data significativa, come sapete. Parla di una famiglia borghese che entra in contatto con un ospite misterioso e ne viene sconvolta. Chi sia questo ospite, e quale sia il significato della sua venuta, è la questione che il film lascia allo spettatore.

* E invece tutto è andato male: proiezione sospesa per mancanza di spettatori (sciopero). Ci riprovo la settimana prossima.

Himalaya

Girato tra il Nepal ed il Tibet (i paesaggi sono tra le sue cose belle), questo film racconta di un vecchio capo, Tinle, che si rifiuta di cedere il potere al giovane Karma, che ritiene responsabile della morte del figlio. Nonostante il parere negativo di Tinle, Karma parte con una carovana di yak per portare il sale a valle e scambiarlo con il grano. Tinle lo sfida guidando una seconda carovana. Porta con sé il nipote Passang, che il viaggio trasformerà per sempre. L’intenzione del regista Eric Valli era quella di fare un film che testimoniasse la vita di una società tradizionale, e per questo fa recitare attori quasi tutti non professionisti (Tinle è realmente un capo villaggio). Tuttavia il suo resta uno sguardo occidentale, mosso da curiosità ma viziato da più di un pregiudizio e da un intento spettacolare che trasfigura in qualche caso la realtà che vuole descrivere e testimoniare (come nella colonna sonora, che adatta la musica tradizionale nepalese al gusto occidentale).

Vedremo Himalaya sabato. Ci aiuterà a riflettere sulla variabilità dei processi formativi nei diversi contesti culturali.

 

Risorse

Il sito del film

Peppino Impastato


Il potere non è affare dei politici, ma qualcosa che riguarda profondamente ciascuno di noi. In disaccordo con il libro di testo, abbiamo approfondito l’idea di potere come possibilità di fare qualcosa, di scegliere la propria vita, di muoversi, di creare, di produrre, di pensare, di fare. Il concetto di potere ci è apparso così legato a quello di libertà. Come la libertà, il potere appartiene a tutti, o non appartiene a nessuno. In una società in cui tutti abbiano rinunciato alla libertà, chi volesse essere libero sarà perseguito come criminale. In 1984 di Orwell il protagonista è costretto a scrivere il suo diario di nascosto, poiché nella società in cui vive ogni gesto è spiato da schermi televisivi, ed il minimo atteggiamento non previsto dal sistema viene punito duramente. E’ per questo che facciamo scelte politiche anche non volendo: la nostra vita quotidiana, la decisione, ad esempio, di passare le giornate a guardare la televisione, o a discutere e riflettere, non è privata, ma contribuisce a rendere migliore o peggiore la vita di tutti.

Un sistema nel quale le possibilità degli individui – il loro potere e la loro libertà – sono fortemente limitati, è quello clientelare-mafioso. Pur sussistendo apparentemente le garanzie democratiche, in un tale sistema la possibilità di azione è subordinata alla sottomissione a chi detiene il monopolio delle possibilità, il boss mafioso o politico (chiameremo questo monopolio non potere, ma dominio). Le possibilità (ad esempio di lavorare) sono concesse dal boss mafioso o politico al proprio cliente, mentre ne è escluso chi non accetta tale sottomissione. Il sistema si regge sull’indifferenza, la tacita accettazione, l’omertà, la rinuncia alla libertà da parte delle popolazioni vittime di tale sistema. Popolazioni che non sono, forse, solo quelle delle zone tradizionalmente considerate mafiose, poiché v’è chi sostiene che il modello clientelare-mafioso possa essere utile anche per analizzare il funzionamento di alcuni grandi Stati, democratici ed altamente industrializzati.

Uno che non accettò il sistema clientelare-mafioso fu Peppino Impastato. Domani sera RaiDue trasmetterà un film dedicato alla sua vita: I cento passi, di Marco Tullio Giordana. Vi consiglio di vederlo. Se lo perdete, potremo vedercelo con calma a scuola.

Peppino Impastato nacque nel ’48 a Cinisi, in provincia di Palermo. Veniva da una famiglia mafiosa, e perciò la sua scelta precoce di porsi contro il sistema fu fin dall’inizio dolorosa. Nel ’76 diede vita a Radio Aut, una radio autogestita, dai cui microfoni denunciò, anche attraverso una satira feroce, gli affari malavitosi del boss Tano Badalamenti. Fu ucciso l’8 maggio del 1978. In un primo momento si disse che era morto nel tentativo di compiere un attentato terroristico; poi, che si era suicidato. Infine, anche grazie all’impegno del Centro di documentazione a lui intitolato, si è giunti al riconoscimento della matrice mafiosa del delitto, ed alla condanna (nel 2002) all’ergastolo del boss Badalamenti.

Raccontata così, sembra la storia di un fallimento. Sono sicuro che la visione del film riuscirà a convincervi del contrario.

 

 

 

 

Risorse

 

 

 

 

Centro Siciliano di Documentazione “Peppino Impastato”

Peppino Impastato

I 400 colpi

“Piccolo parigino, trascurato dai genitori, scappa di casa due volte, ruba, è chiuso in un riformatorio da dove fugge per arrivare al mare che non aveva mai visto. Straordinario primo lungometraggio di F. Truffaut che, premiato per la regia a Cannes, contribuì al lancio della Nouvelle Vague francese. Primo film della serie Antoine Doinel che caso unico nella storia del cinema segue un personaggio dall’adolescenza alla maturità. Uno dei film più teneri e lucidi sull’infanzia incompresa, tema che attraversa tutta l’opera del regista. Cinepresa mobilissima, fotografia in scope e bianconero di Henri Decae.” (Il Morandini. Dizionario dei film, Zanichelli).
Lo vedremo mercoledì: tocca diversi temi che abbiamo affrontato, ed alcuni che approfondiremo nelle prossime lezioni. Qui potrete, come al solito, inserire i vostri commenti.